Gennaio 1870. Un re alla Mandria

Il re Vittorio Emanuele II al Castello della Mandria

Sino al 1864 Vittorio Emanuele II era solito trascorrere al Castello della Mandria, sua villeggiatura prediletta, intere settimane. La frequentazione della residenza era diminuita dopo che nel 1865 parlamento e governo s’erano trasferiti a Firenze, ma non era certo cessata. Il re continuava, infatti, a tornare spesso a Torino e ad usare i suoi antichi palazzi per le principali ricorrenze dinastiche. Trovava quindi spesso occasioni per rientrare alla Mandria.

Qui, con la Bela Rosin e coi loro due figli, viveva come un gentiluomo di campagna, senza la rigidità delle regole che avrebbe dovuto seguire se fosse stato a corte. 
Sarebbe ingenuo pensare, però, che mentre era alla Mandria, ‘Toju’ – come era chiamato dagli intimi –   si dimenticasse di essere il re e non si occupasse di politica. La Mandria non era, infatti, solo un reposoir dove egli poteva dimenticare – almeno per un momento – i propri doveri di re. Spesso, infatti, vi riceveva ministri e dignitari. Inoltre ogni giorno rispondeva a dispacci e telegrammi che gli giungevano da ogni parte d’Italia, e che non sempre potevano esser filtrati dai segretari.

Un bell’esempio di tale attività è una lettera scritta al presidente del Consiglio Giovanni Lanza, il 9 gennaio 1870.
All’epoca il Senato era di nomina regia, ma i candidati spesso erano proposti dalla politica. Il re non sempre era contento delle scelte, e non ne faceva mistero.
«Desiderei sapere perché si fanno questi senatori», scriveva a Lanza. «Mi pare che varie nomine siano strane, vari non li conosco». Tuttavia, pur tirando le orecchie al governo, non voleva certo aprire una crisi per una questione, in fondo, non così rilevante. Per cui terminava assicurando: «lascio la responsabilità al ministro e me ne lavo le mani, come Pilato».
Pochi mesi dopo, il governo Lanza avrebbe agito in modo da portare le truppe italiane a Roma.
I giorni alla Mandria sarebbero stati ancora di meno, se non nella memoria del re, ormai asceso in Campidoglio.

Andrea Merlotti, direttore del Centro studi delle Residenze Reali Sabaude

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