Reali eroine

Il doppio ritratto equestre di Mathieu nella Sala di Diana

Balthasar Mathieu (Anversa, 1622 circa – Torino, 24 gennaio 1658), Caterina Isnardi di Caraglio marchesa di Caluso e Delibera Eleonora San Martino di Parella marchesa di Rodi, 1657, olio su tela, 376 x 374. Sala di Diana (in comodato dal Castello di Racconigi).

«Qui nella corona di questo gran fregio distribuito in dieci altri quadri ammirerà le non finte, ma vere, e naturali bellezze del corpo, e dell’animo delle Reali Heroine, e principali Dame di questa regia corte.»

racconta l’architetto Amedeo di Castellamonte a Gian Lorenzo Bernini, in un dialogo immaginario, nel suo libro illustrato Venaria Reale, Palazzo di Piacere e di Caccia (1674, pp. 28, 31).

Siamo nella Sala di Diana, fulcro della Reggia secentesca. Se alziamo gli occhi, vediamo scorrere lungo le pareti i grandi doppi ritratti equestri della famiglia ducale e della nobiltà più prossima durante una battuta di caccia. Ci guardano, come fermati nel vivo di un accerchiamento o di una festosa giostra.

Duchesse, principesse e dame d’onore: si impone in questa parata la loro presenza, sottolineandone il ruolo a corte con le madame reali, Cristina di Francia e poi Maria Giovanna Battista. Sono le dame più vicine alle duchesse, scelte «per le loro bellezzee valore» a «formar il Choro delle Ninfe cacciatrici, e seguaci della Diana di questa Real Venaria». Protagoniste, abili nel governare i destrieri schiumanti, sembrano davvero comporre una sorta di «Galerie des femmes fortes». Proseguiva alla corte sabauda la fortuna del ritratto equestre con l’affermarsi di un’immagine di sovranità al femminile.

L’opera del fiammingo Mathieu, di formazione rubensiana, primo pittore ducale dal 1654, apre la serie delle 10 tele dipinte dai maggiori artisti francesi, fiamminghi e piemontesi attivi a corte, incise da Tasnière a corredo del libro castellamontiano.
Asportate, spostate, suddivise tra diverse sedi, in qualche caso disperse o forse anche distrutte, le 7 superstiti vengono recuperate e ricomposte per l’apertura al pubblico della Reggia di Venaria nel 2007. Anche la nostra opera ha una vita movimentata: rimossa con le altre a inizio ‘800, inviata nel 1890 alla Villa Reale di Monza dal Castello di Moncalieri, dove rientra nel 1908, infine trasferita al Castello di Racconigi e qui dimenticata nei depositi. Emozionante nel 2005 il ritrovamento della tela, arrotolata su un rullo con altre 4 del ciclo, tutte oggetto di un complesso intervento del Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale.

Ma cosa vediamo ora quando guardiamo quest’opera? Quanto ci restituisce lo stile dell’artista fiammingo o piuttosto le consistenti ridipinture ottocentesche, a partire da quella quasi integrale del 1821 del restauratore e ritrattista regio Stefano Chiantore che ha persino cambiato i connotati delle dame?
Difficile ritrovare oggi, sotto questo travestimento, le pennellate di Mathieu che, prediletto da Cristina di Francia, la ritrasse insieme al figlio Carlo Emanuele II in uno dei 3 quadri dispersi della Sala.

Grazie all’incisione possiamo identificare le due giovani dame compagne nel dipinto. Sul cavallo nero Caterina Isnardi di Caraglio, cresciuta a corte, consorte e presto vedova di Maurizio Scaglia di Verrua marchese di Caluso. Sul cavallo bianco dalla folta criniera Delibera Eleonora San Martino di Parella, che, lasciata Torino forse a seguito della fallita congiura intentata dal fratello nel 1682, si trasferisce a Vienna.
Entrambe indossano abiti alla moda e alti cappelli piumati e cavalcano all’amazzone, pronte alla caccia e a esibirsi in complesse manovre secondo i moderni repertori di equitazione e maneggio: «Dame al naturale, in abiti chi d’Amazoni, e chi di cacciatrici sopra generosi cavalli, in atto tutti di saltare, e di correre».

Nuove eroine amazzoni, sotto il segno di poliedriche Diane e future Wonder Woman.

Silvia Ghisotti, capo conservatore, Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, Reggia di Venaria
Clara Goria, storica dell’arte, Centro studi e ricerca delle Residenze Reali Sabaude

Before After

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