Mostra Play. - videogame arte e oltre - Hiro, by Silvio Giordano

Sega

“Somewhere over the rainbow” cantava Israel Kamakawiwo’ole sulla riva delle spiagge di Maui alle Hawaii. Un luogo paradisiaco che sta lì in mezzo al Pacifico Settentrionale e che è territorio degli Stati Uniti d’America dal 1959. Qui ha studiato alla Università anche il Presidente statunitense Barak Obama. Che c’entrano le Hawaii con i videogiochi? Molti sono stati ambientati in quel mare lì davanti o nell’entroterra, ma il tema di questa puntata non è questo. O forse lo è, ma non in questo modo, perché la storia che ascolterete parte proprio da Honolulu, per poi allargarsi a tutto il mondo.

Catapultiamoci all’indietro. No, non fatelo davvero. Intendiamo in senso figurato. Siamo nel 1940, è maggio e le spiagge si riempiono di persone. In un ufficio molto umido della capitale tre uomini d’affari americani Marting Brombley, Irving Bromberg e James Humpert, alla presenza dei propri avvocati, stanno sottoscrivendo alcuni documenti che cambieranno le loro vite. Alla fine della riunione strette di mano convinte e champagne per tutti, per celebrare la nascita della Standard Games, un’impresa che si occuperà di riempire le basi militari degli Stati d’Uniti d’America di slot machine, in previsione di un aumento del numero degli effettivi dovuto all’imminente ingresso statunitense nella Seconda Guerra Mondiale. Un modo di fare business molto americano, ma che in questo momento a noi interessa solo lateralmente.

Passa la tragica guerra e arriviamo al 1952. Il governo a stelle strisce decide di rendere illegali le slot machines su tutto il proprio territorio. Brombley, l’unico rimasto nella società del trio iniziale, non si fa cogliere impreparato e manda due dei suoi impiegati in Giappone, per aprire una sede della Service Games – nuova società nata nel 1946 dalle ceneri della prima – così da vendere le slot machines alla basi americane sul territorio nipponico. Dal Giappone poi il commercio delle slot si allargherà in tutta l’Asia orientale e nel sud-est asiatico. Il mito della Sega – acronimo di Service Games – ha inizio in questo momento, quando quel nome viene scritto per la prima volta sulla Diamond Star, una slot uscita nel 1954. Dopo una serie di rocambolesche avventure che non staremo qui a raccontarvi per non annoiarvi, nel 1965 nasce la Sega Enterprises Ltd con sede a Tokyo. La nuova società abbandona il settore militare e comincia a creare giochi per macchine a pagamento.

Il primo videogame di grande successo che esce nelle sale giochi a firma SEGA è Periscope. Il gioco presentava effetti luminosi e sonori considerati innovativi e ha avuto un grande successo in Giappone. Poi è stato esportato nei centri commerciali e nei grandi magazzini in Europa e negli Stati Uniti e ha contribuito standardizzare il costo di 25 centesimi a partita per i videogame arcade negli Stati Uniti. I dirigenti di SEGA rimasero sorpresi da questo successo e per i due anni successivi la compagnia produsse ed esportò tra gli otto e i dieci giochi all’anno. Il successo mondiale di Periscope portò a un “rinascimento tecnologico” nell’industria delle sale giochi, che fu rinvigorita da un’ondata di giochi “audiovisivi” EM tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70.

A fine anni ‘70 e dopo essere passata di mano un paio di volte SEGA si lanciò sul mercato delle consolle. Un grande salto in avanti, anche se non il primo che la compagnia ha fatto nel corso della sua storia, costellata di successi e cadute nella polvere. In questo caso SEGA ha scelto il timing perfetto per lanciarsi sul mercato casalingo dei videogiochi partendo dal Giappone con lo SG-1000, venduto in 160.000 unità. Nel 1984 la società fu poi acquisita dalla CSK Corporation, una software company giapponese e, un anno dopo, rilasciò il primo prodotto tutto fatto in casa: il Master System. Il cambio di passo arrivò perché il Master System fu venduto come giocattolo. Nel mercato americano infatti furono venduti circa 2.000.000 di Master System, ma Atari e Nintendo rimanevano ancora largamente in vantaggio. Se il successo sui mercati principali fu relativo, anche se in Europa ne furono vendute circa 6 milioni di unità, c’è stato una nazione in cui dalla sua uscita fino al 2016, di Master System ne sono state vendute 8 milioni di unità: il Brasile. Ancora oggi in SEGA non si riescono a spiegare il perché di questo numero enorme nel paese sudamericano.

La consolle successiva fu quella che molti avrebbero voluto nelle proprie case: la SEGA Mega Drive o Sega Genesis, com’era conosciuta sul mercato a stelle e strisce. Tre furono le scelte vincenti di SEGA nel lancio di questo nuovo device: una campagna di marketing imponente che creò slogan divenuti famosi, come «Genesis does what Nintendon’t», che attacca la concorrenza con un gioco di parole; una massiva acquisizione di grandi personaggi dal mondo dello spettacolo e dello sport che avrebbero prestato il proprio nome per creare brand rimasti iconici, primi fra tutti Michael Jackson e Joe Montana, e infine la creazione, qualche mese dopo l’uscita della consolle, di un personaggio che si poneva come il primo vero alter ego di Mario della Nintendo, Sonic the Hedgehog, il riccio blu che è diventato un vero e proprio masterpiece della storia dei videogames.

La scelta di far uscire la consolle con il videogame di Sonic incorporato negli Stati Uniti e in Europa decretò la vittoria totale del Mega Drive su tutte le altre consolle. Chi non ha passato interi pomeriggi a casa di amici che possedevano il prezioso manufatto, a far correre a velocità supersonica Sonic? Quando staccavamo da Sonic lo facevamo con un po’ di tristezza nel cuore, perché avremmo potuto giocare di nuovo soltanto il giorno dopo. Sono emozioni che chiunque si porta dentro per sempre, no?

Nel gennaio 1992 la SEGA arrivò a controllare il 65% del mercato americano delle consolle a 16-bit, surclassando Nintendo. Un evento storico. Nel frattempo continuava a dominare le scene del mercato arcade. Tenete conto che furono aperti SEGA World – sale giochi interamente dedicate ai giochi di SEGA – in tutto il Giappone e nel resto del mondo. I numeri di rendita di queste sale giochi sono da capogiro. Nel solo 1994 arrivarono a produrre circa 3 miliardi e mezzo di dollari.

Agli inizi degli anni ‘90 SEGA competeva con Nintendo per il primo posto nella classifica della più importante casa di produzione di videogames del pianeta.  In questo contesto competitivo i vertici di SEGA crearono diversi dipartimenti di sviluppo e programmazione all’interno dell’azienda, una divisione del lavoro per team che farà scuola. In particolare sarà vincente la scelta di affidare la AM2 a Yu Suzuki. Forse a qualcuno di voi questo nome non dirà niente, ma ad altri nerd come noi invece sì. Siamo infatti di fronte a uno dei più grandi game creator di sempre. Non sono parole esagerate se pensiamo che sono state partorite dalla sua mente Hang-on, Out Run, Virtua Racing, Virtua Fighter, Virtua Striker e la saga di Shenmue. Per 18 anni Suzuki e il suo team hanno letteralmente rivoluzionato il mondo dei videogames, introducendo novità strutturali, tecniche e narrative che sono state copiate da decine di titoli.

Ma il successo del Mega Drive non era sufficiente per i vertici di SEGA, che provarono a volare ancora più in alto con l’uscita della nuova consolle Saturn. Però proprio come Icaro, che volle arrivare troppo vicino al sole e sciolse le proprie ali, anche SEGA cadde rovinosamente a terra. L’avvento della Sony Playstation infatti spazzò via qualsiasi altro concorrente, SEGA compresa. La società rischiò il default e passò nuovamente di mano – nel mondo dei videogames pochissime altre società hanno cambiato proprietario così spesso – abbandonando il mercato delle consolle senza però sparire del tutto come successo ad ATARI.

Oggi SEGA continua a creare videogames che fanno giocare e sognare milioni di giocatori e sta progettando di uscire con un nuovo tipo di consolle. In fondo cosa dovrebbe volere di più una corporation che produce videogames che hanno fatto giocare e sognare milioni di player in tutto il mondo?

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