Zolle reali. Le stagioni dei Giardini – Autunno

Il racconto, in divenire, dell’autunno nei Giardini della Reggia di Venaria e nel Parco della Mandria attraverso le foto di Dario Fusaro e le parole di Alberto Fusari

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Laggiù, intorno al grande vuoto del Tempio di Diana, le nebulose di muhlenbergia miscanthus ammaliano e confondono. Luci radenti, rugiada e le prime brine sono parte dell’incanto. Con le graminacee esagerare è d’obbligo: massicce quantità e variabili limitate possono essere la scelta vincente. Proprio come per gli aceri campestri che si perdono all’orizzonte. I capolini di echinacee e veronicastri marcano il contrasto e ci ricordano che spesso secco e sfiorito sono risorse intriganti. Non fastidiosi disordini. La ragnatela in primo piano conferma.

Scopri di più sulle varietà botaniche che puoi vedere nell’immagine:

.Acer campestre (pdf)
.Echinacea pallida (pdf)
.Muhlenbergia capillaris ‘Regal Mist’ (pdf)
.Veronicastrum virginicum ‘Fascination’ (pdf)

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Prode squadrate, il reticolo delle strade, i boschetti a file ben cadenzate: gli orti della Venaria hanno un loro preciso rigore. Almeno nel disegno. Sanno, come tutti i veri orti, che la razionalità ne è la prima virtù. Ci penserà la natura a spettinarli: cresceranno i cardi e si scompiglieranno i bordi di lavanda o di stachys. I ciliegi da fiore sullo sfondo confermano l’importanza delle ripetizioni e controbilanciano, anno dopo anno, le distese pianeggianti del parco. Viste che si aprono e quinte che si chiudono: finalmente può sentirsi il ritmo dei Giardini.

.Cynara cardunculus (pdf)
.Lavandula ‘Officinalis’ (pdf)
.Prunus subhirtella (pdf)
.Stachys lanata (pdf)

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È un intrico di foglie e di rami, un susseguirsi di passaggi frondosi e panorami filtrati. Alla Mandria i protagonisti sono gli alberi. E i loro tronchi: maestosi, solcati dal tempo e dai muschi, a volte meravigliosamente contorti. Lungo il viale, uno dei tanti che orientavano le cacce reali, i tigli virano all’oro. Sebbene continuamente manutenuto, il bosco pare quasi selvatico e brulica di vita. Un ecosistema in perfetto equilibrio. Persino i tappeti di foglie restano al loro posto: belli e utili, ci insegnano che in fondo in giardino un po’ di “sporco” non fa mai male.

.Tilia cordata (pdf)

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Il colpo d’occhio è notevole. E parecchio divertente. Gli arruffi sgargianti dei coleus nelle piattabande scompaginano le geometrie austere del Gran Parterre. I phormium dalle foglie appuntite ne riprendono i toni bronzati, in attesa dell’esodo verso le serre. Per il resto solo piramidi scure di tassi, bossi e il raso dei prati. Semplificare (con intelligenza) è vitale nei giardini storici. Ci sono voluti anni per trovare la giusta varietà di coleus, vigorosa e bella fino ad autunno inoltrato. Riproporla in quantità e senza troppe interferenze non ha nulla di scontato.

.Buxus sempervirens (pdf)
.Coleus scutellarioides ‘Redhead’ (pdf)
.Phormium tenax ‘Sundowner’ (pdf)
.Taxus baccata (pdf)

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Tra le foschie dell’alba la grande peschiera sembra sospesa nel tempo, in attesa di chissà quale approdo. I penniseti ne incorniciano i bordi e contribuiscono all’evanescenza dell’insieme. Le graminacee non erano certo contemplate nel passato dei Giardini, ma sono oggi un valido alleato per piantare vasti spazi e mitigare la rigidità delle architetture. Le acque apparentemente immobili, che qui si raccolgono prima di ributtarsi nel torrente Ceronda (massima sostenibilità dunque!), è come se portassero il cielo in giardino. In alto, in basso, intorno: la vista si fa sconfinata.

.Pennisetum alopecuroides (pdf)

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Onde su onde. Un piccolo mare vegetale in tempesta. Dai grigi di cipolle e lavande ai secchi di rudbeckie e calamagrostis. Dai verdi brillanti dei finocchi a quelli scuri del cavolo nero. Fino al terzetto color vinaccia di melanzane, berberis e perilla. L’orto è un allegro melting pot, dove c’è posto un po’ per tutto: regole e tradizioni non impediscono novità e colpi di scena. Un connubio perfetto per la Venaria. I nasturzi con le loro foglie tonde non temono l’inverno: vengono lasciati anno dopo anno. Contro il consumismo di piante trattate come annuali quando non lo sono.

.Berberis x ottawensis (pdf)
.Calamagrostis x acutiflora ‘Karl Foerster’ (pdf)
.Perilla frutescens (pdf)
.Rudbeckia fulgida var. sullivantii ‘Goldsturm’ (pdf)
.Tropaeolum majus (pdf)

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Una fiammata per nulla discreta (non per niente made in U.S.A.). L’autunno è tempo di marcati contrasti: le chiome scarlatte degli aceri rossi, le loro cortecce giovani e opalescenti, i verdi in profondità. I sensazionalismi cromatici fanno parte del giardino contemporaneo, ma sono solo la punta dell’iceberg. “Sotto” c’è una bellezza più implicita, di dettagli e sguardi impensati: la prateria di panicum comincia ad avvizzire, le foglie accartocciate si cumulano a terra. Quelle rimaste sospese, baluginanti tra le spighe, paiono fiori. Anche nelle decadenze c’è fascino, basta saperlo vedere.

.Acer rubrum ‘Red King’ (pdf)
.Panicum virgatum ‘Heavy Metal’ (pdf)

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Sogno o realtà? La Reggia della Venaria si sdoppia nelle acque del Parco Basso. Le architetture antiche sono perfettamente a loro agio anche in spazi così moderni e minimali. Al felice dialogo contribuiscono non poco i boschetti ormai cresciuti, che stemperano l’abbondanza di componenti minerali. Poche specie scelte con cura: tigli selvatici, quelli di Macedonia con il retro delle foglie argentato e davidie, gli “alberi dei fazzoletti”. Le loro durissime noci sono ormai mature ed è tutto un vivai di scoiattoli. Qualcuna, rotta dai geli, forse riuscirà a germogliare.

.Davidia involucrata (pdf)
.Tilia cordata (pdf)
.Tilia tomentosa (pdf)

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Tigli, mattoni e cielo: stessi ingredienti della “zolla” che precede, ma diversa atmosfera. Il Castello della Mandria è immerso nei suoi boschi ed il prato intorno è poco più di una radura. I macchioni di bosso all’ingresso, irregolari e plasmati dai secoli, rendono bene l’idea: monumentale sì, ma con una certa ruvidità di fondo. Proprio come si addice ad una tenuta di campagna, usata per le cacce e l’allevamento dei purosangue reali. Nessun giardino dunque e per fortuna: non tutto migliora agghindandolo. Certi luoghi chiedono solo di restare come sono. Questioni di patina.

.Tilia cordata (pdf)
.Buxus sempervirens (pdf)

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Dall’alto si notano i vuoti, strade e stradini in ghiaia che disegnano il Giardino a Fiori. A terra invece contano i pieni: serve tridimensionalità per rendere accattivante la scena. I penniseti zampillano, verbene e perovskie straripano, le rudbeckie ormai rinsecchite creano dissolvenze. Vistoso per vistoso tanto vale esagerare: ibischi stradoppi, anemoni del Giappone per nulla intimoriti dalle canicole dell’estate e, al centro della festa, una selezione di impatiens resistenti al pieno sole. Fiorite ancora adesso, invulnerabili alle piogge, fanno la fortuna dei parterre.

.Anemone japonica (pdf)
.Hibiscus syriacus ‘Arden’s Double Purple’ (pdf)
.Impatiens ‘Sunpatiens Series’ (pdf)
.Verbena bonariensis (pdf)

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Un frammento di frammenti, un primissimo piano dell’orto ad elogio del cavolo nero e dei suoi foglioni. Man mano che i freddi incalzano il giardino si dirada, si scompone e l’occhio va alla ricerca di particolari. Le echinacee ormai spente, i verdi rassicuranti dei tassi, i pois luminescenti dei trollius che mandano gli ultimi segnali. Sono stati cimati dopo la fioritura estiva, per indurre un secondo e tardivo sprazzo di colore. E per assicurare agli impollinatori qualche ultimo bottino. Coltivare è un gioco di strategia, un fare e disfare continuo perché tutto duri il più a lungo possibile.

.Trollius x chinensis ‘Golden Queen’ (pdf)
.Echinacea pallida (pdf)

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Settecento e passa metri di assoluto nitore. Lo sguardo libero di planare sull’acqua e le sue sponde senza interruzioni. Scegliere di non piantare è altrettanto importante in giardino: due semplici prati, nessun orpello, garantiscono il doveroso respiro. Il Canale d’Ercole è la spina dorsale del Parco, il centro di tutto, eppure è soltanto una lunga pausa nel sovraffollamento botanico. Le allee di aceri campestri da un lato e dall’altro, con le samare ormai mature, replicano la scenografica prospettiva. Quasi a simbolo del potere che dalla Reggia s’irradiava tutt’intorno senza limiti.

.Acer campestre (pdf)

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Veduta onirica della Mandria al sorgere del sole. Pare un arcipelago: difficile distinguere dove è acqua e dove nebbia. Farnie e roveri, carpini bianchi ed ontani neri, qualche frassino e ciliegio selvatico, qualche olmo superstite: nella nostra pianura è ormai raro imbattersi in un così vasto e preservato amalgama di alberi. E di laghi, lanche, bealere e torrenti. Le cime dei pini strobi, introdotti nel secolo scorso, ci ricordano che qualche sbuffo sempreverde in un bosco di caducifoglie può essere di grande effetto. Una trama che resiste alle desolazioni dell’inverno.

.Quercus robur (pdf)
.Quercus petraea (pdf)
.Carpinus betulus (pdf)
.Fraxinus excelsior (pdf)

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Alberi veri e alberi finti, cortecce di legno e di bronzo: le sculture di Giuseppe Penone rendono ancora più labile il confine tra arte e natura. Nei Giardini le contaminazioni sono all’ordine del giorno: antico e contemporaneo discorrono senza sosta, ben oltre le strettoie del falso storico. La Venaria vuole essere innanzitutto un luogo del presente, con sguardo saldo al futuro. Il tiglio vivo e vegeto che si scorge in fotografia, incastonato nella scorza d’autore, diventa il simbolo di una tutela definitiva del posto e dei suoi “abitanti”. Dopo secoli di traversie e abbandoni non è poco.

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Alberi veri e alberi finti, cortecce di legno e di bronzo: le sculture di Giuseppe Penone rendono ancora più labile il confine tra arte e natura. Nei Giardini le contaminazioni sono all’ordine del giorno: antico e contemporaneo discorrono senza sosta, ben oltre le strettoie del falso storico. La Venaria vuole essere innanzitutto un luogo del presente, con sguardo saldo al futuro. Il tiglio vivo e vegeto che si scorge in fotografia, incastonato nella scorza d’autore, diventa il simbolo di una tutela definitiva del posto e dei suoi “abitanti”. Dopo secoli di traversie e abbandoni non è poco.

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